La banalità del male

La banalità del male è un libro della storica, filosofa e scrittrice Hannah Arendt pubblicato nel 1963.

Fu scritto  dopo il processo contro il criminale nazista Adolf Heichmann, arrestato in Argentina nel 1960. Arendt seguì tutte le udienze del processo in qualità di corrispondente del New Yorker.

Hannah Arendt fu un’ebrea tedesca di famiglia benestante, allieva di Heidegger, e rifugiata politica a Parigi e poi negli Stati Uniti, dopo la promulgazione delle leggi antiebraiche.

Adolf Eichmann è stato un militare, funzionario e criminale di guerra della Germania nazista, considerato uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista.

La banalità del male: la trama

Nell’aprile del 1961 Adolf Eichmann, burocrate nazista “esperto” di questioni ebraiche e attivamente coinvolto nell’organizzazione delle operazioni di sterminio degli ebrei, viene processato a Gerusalemme. Era stato catturato in Argentina un anno prima da un gruppo di agenti segreti israeliani.

Queste le accuse a suo carico: aver commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l’umanità e crimini di guerra sotto il regime nazista.

Fu condannato a morte il 15 dicembre 1961.

Il libro oltre ad esporre le udienze del processo, ci racconta la vita di Adolf Eichmann, il suo ingresso nel partito nazista, della sua personalità e del suo lavoro da tecnico esperto della soluzione finale a danno degli ebrei.

Riflessioni sul libro

Hannah Arendt è una donna di origine ebraica ma in tutto il libro cerca di rimanere neutrale e il suo obiettivo è nel porre al centro l’inettitudine dei gregari di Hitler.

Perché l’inettitudine? Perché tutti gli uomini sotto il comando di Hitler, comprese le alte cariche come Eichmann eseguirono solamente, nessuno prese posizione, nessuno di loro si domandò se l’ordine fosse giusto o sbagliato.

Proprio qui troviamo la banalità del male, cioè nella assoluta mancanza di coscienza e di pensiero critico, nel normale e automatico eseguire gli ordini di morte del comandante Hitler.

Nel libro La banalità del male Eichmann viene descritto come un semplice burocrate, preoccupato solo della propria carriera, senza alcuna spinta ideologica nel partecipare allo sterminio degli ebrei, concentrato piuttosto sui suoi piccoli successi professionali e sull’efficienza del proprio operare.

Eichmann è un mediocre burocrate che diventa efficientissimo nell’organizzare esodi di massa senza alcun rimorso.
La povertà del suo piccolo e mediocre essere non riesce nemmeno a capire la portata gigantesca delle sue azioni.

Il criminale nazista sotto processo parla solo di obbedienza all’autorità e desiderio di carriera; si denota fortemente una totale mancanza di pensiero indipendente.

Durante il processo per difendersi spesso pronunciò queste parole “obbedivo soltanto agli ordini”.

Si deduce che quindi i nazisti possono essere inquadrati come banali individui inseriti all’interno di un meccanismo infernale. Il che comporta una pericolosa considerazione: chiunque, inserito nello stesso meccanismo, potrebbe agire nello stesso modo.

E il nazismo era stato in grado di togliere ai tedeschi la capacità di pensare e di giudicare le proprie azioni. 

Lo stesso gerarca nazista Eichmann non è altro che un uomo comune, superficiale e mediocre, incapace di pensare al valore morale dei propri atti.

Eichmann era una persona mediocre, che nella sua mediocrità non aveva fatto altro che eseguire gli ordini che gli erano stati imposti. Egli, fino all’istante precedente alla propria impiccagione, si sentì deresponsabilizzato, un anonimo burocrate che aveva fatto il proprio lavoro.

Dietro questa mediocrità, vi è la banalità del male, poiché spesso sono individui banalmente comuni a poter compiere il male più mostruoso.

Adolf Eichmann non era stupido, era semplicemente senza idee. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee, possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell’uomo” (da La banalità del male).

La banalità del male

Otto Adolf Eichmann, uno dei comandanti delle SS responsabili dell’organizzazione della cosiddetta “soluzione finale”, fu processato nel 1961 a Gerusalemme, avendo commesso crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l’umanità e crimini di guerra sotto il regime nazista.

Eichmann è un mediocre burocrate che diventa efficientissimo nell’organizzare esodi di massa senza alcun rimorso.
La povertà del suo piccolo e mediocre essere non riesce nemmeno a capire la portata gigantesca delle sue azioni.

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