La condizione femminile durante il regime fascista

Essere una donna durante il ventennio fascista non era un’impresa semplice. Le donne durante il fascismo dovevano accontentarsi di vivere secondo gli slogan di Benito Mussolini:Per obbedire, badare alla casa, mettere al mondo i figli e portare le corna…”

Dovevano stare nell’ombra, perché il mondo nel quale vivevano era solo per uomini.

La condizione femminile durante il regime fascista
La condizione femminile durante il regime fascista

Per consolidare il proprio regime improntato sull’autoritarismo, Mussolini adottò una politica anti-femminista, che impose alla donna l’esclusivo ruolo di madre-casalinga e facendo così della maternità, oggetto di pubblica esaltazione, a sostegno della forza nazionalista dello Stato.

Allo scopo di incrementare le nascite, lo Stato fascista vietò l’uso di anticoncezionali e il ricorso all’aborto, nonché qualsiasi forma di educazione sessuale.

La funzione procreativa femminile determinò un progressivo allontanamento della donna dalla sfera pubblica. Poiché le opportunità occupazionali per le donne andarono drasticamente diminuendo, ogni ragazza non riceveva incoraggiamenti a proseguire gli studi.

La donna poteva essere licenziata se si sposava o se rimaneva incinta, non aveva accesso a tutte le professioni, non aveva sviluppo di carriera, non aveva parità previdenziale, non aveva pari diritti all’interno della famiglia anche riguardo all’educazione dei figli

Era un ruolo molto limitato, con molti divieti. Essenzialmente la donna era vista come madre. Veniva, infatti, premiata quando aveva molti figli

Per quanto riguarda il diritto di famiglia disciplinato dal codice civile Pisanelli, la donna non aveva alcun ruolo centrale per nessuna decisione di natura giuridica o commerciale (atti legali e notarili, stipule, contratti e etc) senza l’autorizzazione del marito o del padre. Mentre la tutela dei figli era esclusivamente prerogativa maschile.

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